Storia - L'hotel Hotel Siena

Il Chiostro del Carmine

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L'hotel

Appena si entra nel “Chiostro del Carmine” si ha accesso nel chiostro che da oltre 400 anni mantiene la stessa caratteristica archi­tettonica.
Nello spazio aperto posto nel retro del convento, attualmente utilizzato come parcheggio degli ospiti, è stata ritrovata l’entrata del famoso “pozzo della Diana”. Si tratta di un pozzo molto profondo e molto antico il cui scavo è stato avviato già nel XII secolo dagli allora abitanti della zona per tentare di trovare l’acqua del mitico fiume della Diana. La ricerca spasmodica dell’acqua è stata una delle fissazioni principali dei senesi nel periodo medievale. In effetti la scarsa disponibilità di questa risorsa ha fortemente condizionato anche i destini storici della città ed è per questo che il Co­mune di Siena ed i suoi cittadini hanno ricercato questa preziosa risorsa nel corso dei secoli. Senza più alcun dubbio gli storici hanno individuato in tale scavo il pozzo che doveva portare ad attingere acqua dal mitico fiume sotterraneo della Diana. A tale episodio fa cenno anche Dante nella Divina Commedia e, non a caso, la via dove apre i suoi battenti “il Chiostro del Carmine” si chiama Via della Diana.

 

Antico Convento

L’edificio, fin dall’origine, è stato utilizzato come convento dei Frati Carmelitani Scalzi, un ordine mendicante sorto pochi anni prima in Terra Santa. Nel corso di oltre sette secoli l’edificio è stato sempre abitato dai Frati Carmelitani Scalzi ad eccezione di alcune parentesi storiche, quando, pri­ma il Granducato di Toscana, poi Napoleone Bonaparte ed in seguito il neo costituito Regno di Italia nel 1860 hanno sottratto la proprietà ai Frati. Ogni volta, a seguito di tali soppressioni statali, i Padri hanno riacquistato il convento per poter continuare a svolgervi l’attività religiosa.
 

La chiesa

Accanto al Convento vi è la chiesa di San Niccolò del XII secolo. All’interno si trovano importanti opere d’arte tra cui dipinti di Alessandro Casolani, Francesco Vanni e l’immagine della Madonna dei Mantellini, oggetto di venerazione, eseguita da un pittore duecentesco denominato Maestro dei Santi Cosma e Damiano. La grande tavola di Domenico Beccafumi raffigurante San Michele che scaccia gli angeli ribelli è considerata uno dei capo­lavori del pittore e colpisce per la complessa impostazione con la vigorosa figura dell’angelo al centro che collega il piano superiore a quello inferiore e per l’uso espressivo dei fortissimi contrasti tra luce ed ombra. Sotto questo altare, posto lateralmente, vi è anche la tomba ed il corpo del Beato Franco Lippi, un santo carmelitano morto alla fine del XIII secolo tuttora molto noto e conosciuto in città anche per la originalità della sua storia personale di vita e di conversione. Il santo ha lungamente vissuto ed è morto in una delle celle del convento attualmente recuperata come camera per gli ospiti. Sulla fiancata della chiesa restano le tracce di un portico, ora tamponato, che portava al convento.
 

L’edificio

L’edificio, nel suo complesso, ha mantenuto la stessa impostazione architettonica originaria e, anche al suo interno, vi sono testimonianze dirette di tale impostazione. In particolare al primo piano è posto il Coro dove i Frati si ritrovavano a pregare. Si tratta di un coro ligneo della fine del 500, originale, con un altare in marmo ed una pala che rappresenta il Beato Franco Lippi in contemplazione.